Pittore italiano. Frequentò i corsi di disegno tenuti dal Baldini a
Livorno, ma nel 1846 abbandonò la città natale e si
trasferì a Firenze ove seguì le lezioni del Bezzuoli, sostenitore
convinto, a differenza del precedente maestro, della legittimità di una
pittura immediata e spontanea. Una svolta decisiva nella carriera artistica del
F. si verificò attorno al 1849, quando il pittore incontrò
alcuni tra i giovani artisti più consapevoli dell'esigenza di imboccare
nuovi linguaggi espressivi, più aderenti alle tematiche dell'epoca. Tra
questi artisti si realizzò una sorta di cospirazione, una guerra segreta
contro l'arte ufficiale, i suoi modi e i suoi contenuti. Una via nuova sembrava
essere quella della
macchia che, dopo non poche riflessioni,
F.
imboccò senza riserve. Dopo il 1859, anno in cui incontrò Nino
Costa, abbandonò le grandi tele celebrative ed i soggetti storici ed
iniziò quell'ascesa che lo portò alla qualifica di maggior
rappresentante del Macchiaiolismo toscano, la scuola pittorica più
originale del nostro Ottocento figurativo. Nel 1861 vinse con
La Battaglia di
Magenta il concorso indetto per l'anniversario dell'avvenimento. Allo stesso
anno appartiene la splendida serie di tavolette dedicate alle truppe francesi di
stanza a Firenze, dove la macchia risalta finalmente come la grande protagonista
dell'opera. Al 1866 è databile la famosa
Rotonda di Palmieri, cui
fecero seguito le numerose tele dedicate alla Maremma toscana, agli animali, ai
lavoratori dei campi. Nel 1875
F. soggiornò a Parigi ove conobbe
la pittura impressionista, restando colpito soprattutto da Manet. Nel 1886,
quando ormai la sua fama aveva varcato i confini nazionali, gli venne affidata
la cattedra di pittura presso l'Accademia di Firenze. Tra il 1876 e il 1882 vide
la luce la serie delle 170 acqueforti, caratterizzate da un linguaggio
singolarmente crudo e drammatico. Anche negli ultimi anni di vita, del resto, la
produzione del
F. non conobbe soste. Tra le numerose tele di questo
periodo merita una citazione la
Marcatura dei puledri in Maremma, esposta
a Venezia nel 1894. Malgrado l'originale assunzione di problematiche che senza
dubbio valicavano gli angusti confini della situazione figurativa italiana,
l'arte di
F. venne solo parzialmente compresa dai contemporanei e
l'artista livornese fu oggetto di una prima rivalutazione critica solo a partire
dal 1913. Tra le altre opere ricordiamo:
Il cannone, Il bove, La casiera di
villa Schifanoia, In vedetta (Livorno 1825 - Firenze 1908).
Giovanni Fattori: ” Barrocci romani” (Firenze, Galleria d'arte moderna)